Essere altruisti by Alberto Voci

Essere altruisti by Alberto Voci

autore:Alberto , Voci [Voci, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Psicologia, Farsi un'idea
ISBN: 9788815318428
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2014-10-14T22:00:00+00:00


Aspetti evolutivi e neurali della relazione empatia-altruismo

La forma più primitiva di empatia è probabilmente, come abbiamo visto, il contagio emotivo. Questo processo è vantaggioso da un punto di vista evolutivo, perché può diffondere velocemente emozioni quali la paura in un branco di animali o in un piccolo gruppo umano e quindi allertare tutti gli individui alla fuga o all’attacco in presenza di un predatore. Un altro importante precursore dell’empatia, che è ritenuto essere anche un antecedente del contagio emotivo, è la mimesi (mimicry), ovvero l’automatismo che porta a imitare la postura, i movimenti, le espressioni facciali di un altro individuo. La mimesi è cruciale nel processo di sincronizzazione dei movimenti all’interno dei gruppi, ma può anche favorire stati di condivisione emotiva: assumendo l’espressione facciale corrispondente a un’emozione, infatti, potremmo essere portati a sentire l’emozione stessa.

I processi elementari e automatici di mimesi e contagio emotivo richiedono l’esistenza di strutture cerebrali compatibili con l’imitazione motoria ed emozionale. Secondo diversi autori, tra i possibili candidati a svolgere questo ruolo vi sono i neuroni specchio, scoperti negli anni ’80 dal gruppo di ricerca di Giacomo Rizzolatti e Vittorio Gallese, neuroscienziati dell’università di Parma.

I neuroni specchio sono neuroni premotori che si attivano sia quando un individuo compie un’azione legata a un oggetto (ad esempio, lo afferra), sia quando l’individuo osserva qualcun altro compiere la stessa azione. La loro esistenza è stata dimostrata principalmente nelle scimmie. Negli esseri umani, i metodi invasivi che consentono di rilevare l’attivazione di singoli neuroni non sono utilizzabili, e quindi l’esistenza di singoli neuroni specchio non è mai stata dimostrata. Tuttavia, studi di neuroimmagine hanno mostrato che vi sono aree del cervello umano, in particolare della corteccia frontale inferiore e parietale posteriore, che di fronte all’osservazione di movimenti compiuti da altre persone si attivano in modo compatibile alla possibilità che contengano neuroni specchio. Tutto lascia presumere, quindi, che tali neuroni esistano anche negli esseri umani. I neuroni specchio non sono coinvolti solo nell’osservazione e nell’esecuzione di singoli atti, ma anche di sequenze di atti guidate da intenzioni. Ad esempio l’atto di afferrare una tazza attiva neuroni specchio differenti a seconda che il contesto lasci inferire che il prendere la tazza sia parte di una sequenza comportamentale che si conclude con il bere o con lo sparecchiare. Sembra, quindi, che specifici neuroni specchio, situati nella corteccia frontale inferiore, consentano all’osservatore di inferire l’intenzione di un’azione. La semplice azione viene codificata dai «classici» neuroni specchio, mentre il fatto di prevedere una sequenza comportamentale completa a partire dal contesto, e quindi di inferire l’intenzione sottostante, sembra attivare ulteriori gruppi di neuroni.

I neuroni specchio costituiscono un meccanismo neurale involontario e automatico, in base al quale non abbiamo bisogno di pensare a cosa le altre persone fanno o sentono, ma semplicemente sappiamo quello che fanno e sentono. Questo favorisce la percezione di somiglianza tra noi e gli altri e conduce a un processo di condivisione degli stati fisici e affettivi tra gli individui coinvolti. Questo tipo di processo automatico può essere determinante per il contagio emotivo



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